mercoledì 26 agosto 2009

Il congedo di un recente incontro ...

tra Eugenio Scalfari e Carlo Maria Martini viene raccontato dal primo con le seguenti parole:
"Ci alzammo. Mi disse di aver letto il mio ultimo libro 'L’uomo che non credeva in Dio' e di averci trovato alcune assonanze con la sua visione del bene comune. Lo ringraziai. Io le sono molto vicino, gli dissi, ma non credo in Dio e lo dico con piena tranquillità di spirito. «Lo so, ma non sono preoccupato per lei. A volte i non credenti sono più vicini a noi di tanti finti devoti. Lei non lo sa, ma il Signore sì». Fui tentato di abbracciarlo, ma siamo un po' tremolanti tutti e due ed avremmo rischiato di finir per terra. Ci siamo stretti la mano promettendoci di rivederci presto."
Ecco un bel esempio di laicità.
Nel breve confronto che vi propongo tra Luisa Muraro e Valentino Parlato - a partire da un fatto di cronaca di qualche mese fa - l'esercizio della laicità viene rappresentato come un non fare un dogma delle proprie convinzioni tentando di guardare laicamente alle manifestazioni della differenza dell'altro. E cioè, viene espressa l'esigenza di imparare e insegnare ad avere un rapporto di accettazione e di scambio con la differenza, senza cadere nella tentazione di trasformare ciò che è diverso in qualcosa di pregiudizialmente 'sbagliato'.
E' un atteggiamento di fiducia, di spazio di possibilità concesso a se stessi e all'altro, anche se storia, tratti personali, situazioni contingenti ci dividono.

Letture:
Luisa Muraro e Valentino Parlato (leggere articolo)

lunedì 10 agosto 2009

Fatico a dare credibilità a quanto ...

... viene rappresentato attraverso i media.
Ascolto il Presidente del Consiglio che illustra la sua versione dei fatti: la crisi economica, i risultati del governo, le vicende personali ..., contestualmente, da altre fonti, circolano posizioni diverse, anche contrapposte. A chi credere? A chi dare credito?
Ecco che l'incontro personale ha la capacità di sfondare questa barriera del 'tutto vero tutto falso', dipana la nebbia, fornisce un 'gancio' che fa optare chiaramente per una versione dei fatti, oppure ne fa intuire complessità e articolazione.
L'incontro è con Michele, militare che ha già partecipato ad una decina di missioni militari all'estero. E' stata l'occasione per entrare nel merito di questo contrastato pezzo della realtà contemporanea [Missioni di pace o missioni di guerra?]; ha accolto le mie domande e si è raccontato. E' emersa la bellezza dell'incontro con altri mondi, il fascino degli scambi internazionali, ma anche - eccetto che per la missione in Libano - il suo essere un mero mercenario in guerra: militare invasore in terra straniera, mandato ad occupare e, talvolta, a combattere, più per dimostrare forza e potenza che per dare un contributo fattivo alla situazione. Inoltre, una chiara percezione di mancanza di tutela da parte dei mandanti, cioè carne scelta, ben remunerata, ma sempre da macello.
E poi i segni indelebili lasciati sulla sulla sua vita di quasi quarantenne consumato: fisico spossato, equilibrio psichico instabile.
Ecco che prendono vigore e valore le parole riportate nelle interviste a due reduci da missioni militari che vi propongo in allegato.