domenica 29 agosto 2010

Nessuno è solo se stesso ...

...: il riconoscimento può avvenire sia per ciò che si è, ma anche per ciò che si rappresenta.
Viviamo di riflesso altrui, quello di chi - per parentela o adesione - ci ha accompagnato e ci accompagna nella vita. Per esempio io sono stato 'figlio di ...', identificato con il 'ceppo familiare dei ...', successivamente 'allievo di ...'. Sono legami e appartenenze inevitabili che possono essere funzionali alla propria emancipazione se prevedono l'uscita di scena di 'genitori e maestri'.
Si può brillare di luce propria (per quel che si può), oppure adagiarsi sul riflesso altrui, assumendo la funzione di megafono e amplificatore di suoni e voci d'altre identità. Capita infatti di incrociare persone che non sono solo loro: toccarli significa toccare altro. E se questo altro è forte e potente, diventano intoccabili. E' questa una posizione dalla quale si possono trarre favori e benefici, ma densa di rischi per se stessi (mettere le proprie sorti 'fuori da sé') e per gli altri (inquinare il flusso delle relazioni).
L'abdicazione alla individuale capacità creativa infonde in me tristezza; la collusività dei rapporti mi infastidisce.
Chiara Saraceno, focalizzando l'attenzione sui legami parentali, evidenzia gli effetti del venir meno dei confini tra le persone: l’intimità che diviene mancanza di limite e il senso di appartenenza che diventa pretesa di possesso. E' questa la condizione nella quale possono svilupparsi comportamenti e aspettative ove sparisce il confine tra la solidarietà e l’abuso, tra il prestare aiuto e il favorire, anche a scapito delle regole e del bene comune.

sabato 14 agosto 2010

L'Italia ripudia la guerra ...

... Questo riporta l'art. 11 della Costituzione Italiana.
La presenza dell'Italia in Afganistan contraddice tale dettato. La realtà supera e smentisce la norma, in questo caso l'ordinamento costituzionale. Inutile e velleitario ogni maquillage volto ad assegnare nomi di pace a ciò che è guerra; inutile la retorica del ministro della difesa che - come afferma Lucio Caracciolo - suona ormai peggio che falsa, offensiva per i nostri caduti e per la nostra democrazia.
Analizzando la situazione creatasi in Afganistan, l'autore parla di convoglio impazzito, con diversi vagoni già deragliati. Il problema, dal punto di vista istituzionale, è diventato come uscire da questo pantano senza troppo imbarazzo, senza farsi troppo del male.
La guerra quindi c'è, c'è sempre stata, è una delle costanti della storia dell'uomo. Spesso è stata 'cantata' e 'celebrata' (Inno di Mameli incluso). Meglio, la guerra c'è in quanto l'elaborazione patologica del conflitto non è mai smessa. E, benché patologica, è parte di noi stessi, è costitutiva del nostro vivere. Auspicare la sua eliminazione è illusorio, deplorare la sua presenza ideologico.
Mai, però, la guerra è inevitabile: sempre si può mirare all’invenzione della possibile armonia (Gino Pagliarani). E, di fronte all'impotenza, sperare di non incontrarla lungo il nostro percorso.

Foto: Fratelli d'Italia