mercoledì 8 agosto 2012

In attesa di tempi migliori

Non è un bel stare al mondo ‘questo’.
Costretti a confrontarsi con l’inefficacia del consolidato: disorientamento; costretti a navigare a vista, senza prospettive: incertezza; costretti ad assistere all’esaurimento di un’epoca: dissolvimento.
Dimítris Dimitriádis direbbe che ‘viviamo nella luce di una stella morta’. Viviamo, cioè, sul trascinamento di qualcosa che non c’è più. Muore il mondo che ci ha accolto e cresciuto, e un po’ noi con lui; perché, ci piaccia o meno, ‘siamo fatti della stessa pasta’.
Possiamo fare ben poco: impotenti di fronte agli eventi, incapaci di ovviare alla deriva, insomma comparse di una sceneggiatura già scritta.
Ma se non possiamo incidere sull’‘as is’, la responsabilità di ‘come’ vivere tale situazione ricade su ognuno di noi.
Possiamo chiudere gli occhi di fronte a ciò che accade oppure tenerli aperti; possiamo ‘volar alto’, senza cura ovvero attivare processi di pensiero; possiamo disconoscere l’emergente oppure metterci in una prospettiva di accoglienza; possiamo riproporre ostinatamente ciò che sempre stato fatto oppure interrogarci su come interpretare ‘il nuovo che si affaccia’; possiamo, infine, limitarci a deprecare il presente ovvero assecondarlo, per quello che è e per ciò che è possibile.
Possiamo quindi favorire oppure ostacolare il transito: ‘pacificare’ questa situazione oppure alimentarne disorientamento e incertezza.
Prendiamone atto: bisogna accontentarsi a ‘stare in mezzo’ a questa situazione facendo quel poco che è possibile. A noi tocca assistere e accompagnare un transito da qualcosa che è stato a qualcos’altro che ancora non è e che è difficile immaginare.
Rimaniamo in attesa di tempi migliori. A chi ci succederà, probabilmente, il compito di costruire.

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