giovedì 14 marzo 2013

Voglio essere ‘attaccabile’

teatri vuoti e inutili potrebbero affollarsi / se tu ti proponessi di recitare te
Emilia Paranoica, CCCP




Ecco i gesti, semplici, e le parole, essenziali, del nuovo vescovo di Roma, Francesco; apparse a tutti un colpo di spugna alla pesante e asfittica cultura dominante, sicuramente una rottura dei cliché comunicativi. Grande risonanza e grandi speranze, probabilmente eccessive.
Che si parli di Chiesa o di Governo Italiano, oppure di ogni altra istituzione è chiaro che c’è una diffusa urgenza di riforme: non si sa se e come verranno realizzate e s’imporranno oppure se tutto continuerà come fino ad ora.
Siamo abituati, infatti, a tutt’altro. Parole vuote e inutili: consolidate sceneggiature con canovacci predefiniti. Tutti attenti a ‘quel che si deve dire’. La conclusione è l’esplicitazione di concetti che non corrispondono alla realtà: se non falsi, mere meta-comunicazioni, in ogni caso inconcludenti, certamente spersonalizzati. Conversazioni che diventano ‘recite’, lontane da ogni forma di ‘incontro’ e ‘confronto’.

Scene ‘trite e ritrite’. Non dicono nulla, obsolete. Sforzi enormi e dispendiosi atti a ‘tenere in piedi’ inconsistenti rappresentazioni ed immagini.
Sposo le immagini evocate da Beppe Grillo volte ad esprimere l’esigenza di ‘far piazza pulita’, ‘spazzare via tutto’; sottendono categorie e concetti volti a riconoscere l’anacronismo dell’esistente, l’incapacità di rappresentare e gestire l’emergente. Sostanzialmente ne condivido l’analisi: è finita un’epoca, è finito un paradigma e non è più utile riproporre pari pari il pregresso, anzi – talvolta anche ingiustamente – ogni cosa che ne appare ‘contagiata’ sembra compromessa.
Coloro che ricoprono ruoli istituzionali, prevalentemente selezionati quali garanti della continuità, si ritrovano disorientati, non riescono più a perseguire gli obiettivi dell’istituzione. Difensivamente e, talvolta, violentando se stessi perseguono l’inattaccabilità: posizione attendista e difensiva, coerente con l’esigenza di difendere se stessi e l’istituzione per quel che sono, ma non di evolverle. Ecco che la ‘vision’ arranca, la ‘strategia’ non decolla, la ‘comunicazione’ diventa più manipolazione che valorizzazione.
Assisto impotente e scalpitante a tutto ciò. È difficile.
Forse perché ‘non posizionato’ oppure illuso che sia arrivato il tempo del cambiamento, sento profonda l’urgenza di mettere i piedi altrove, di staccarmi da tutto ciò, di collocarmi in un contesto nel quale poter profondere profittevolmente capacità ed energie, ‘mettere del mio’, provare a costruire ‘senso e significato’.
Ho l’esigenza di ripartire dall’essenziale, dai vissuti e dalle emozioni, insomma da ‘come stanno le cose’, anche se l’esito fosse politically incorrect, anche se risultasse clamorosamente ‘attaccabile’.
Ebbene sì, voglio essere ‘attaccabie'.

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